ROCKFISHING |
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Friday 25 May 2007 | |
Nel panorama delle discipline pescasportive recentemente introdotte in acque salate,il rockfishing,la cui traduzione letterale è “pesca dalla roccia”,sta assumendo una precisa fisionomia come tecnica specifica da riva. Importato dal Giappone, ha compiuto i primi passi in Sardegna,dove ha trovato validi estimatori disposti a compiere diverse sperimentazioni per insidiare grandi e medi predatori. Con i primi tentativi coronati da successo,ha cominciato a prendere vita il rockfishing in versione italiana,dedicato a specie come ricciole,cernie,pesci serra,lecce e dentici, la cui cattura,oltre a rivelarsi estremamente emozionante,offre notevoli gratificazioni per la consistente pezzatura delle prede. Pesca essenzialmente di ricerca,il rockfishing sfrutta la particolare produttività di alcune zone,dove una ricca catena alimentare riesce ad attirare pesci,che in particolari condizioni stagionali,frequentano le acque costiere alla ricerca di prede. Per interpretare nel modo giusto il rockfishing occorre sfruttare le postazioni di pesca a picco sul mare,per raggiungere le quali si richiede spesso un certo impegno fisico,anche se in Italia sono più comuni le rive rocciose basse,da cui si può egualmente praticare con successo questa tecnica. La stagione migliore per esercitare il rockfishing si protrae dalla tarda primavera fino all’autunno inoltrato,con punte di rendimento nei mesi di giugno ed ottobre,quando le apparizioni dei predatori lungo le nostre coste sono più frequenti,in quanto meno massiccia è la presenza di imbarcazioni. Nell’arco della giornata non si può parlare di movimenti più favorevoli alla pesca,anche perché la tecnica del rockfishing smentisce la maggiore produttività generalmente riconosciuta al mattino e alla sera: molte volte,infatti,sono proprio le ore centrali della giornata quelle in cui si riescono a ottenere i migliori risultati.Le prede più frequenti de rockfishing sono il sarago,la spigola,l’ orata,la corvina,,la murena il grongo le razze il dentice il pesce serra la cernia,la leccia e la ricciola.
Nel rockfishing sono impiegate canne in grado di lanciare zavorre variabili dai 50 ai 200 grammi:la loro caratteristica principale deve essere dunque la robustezza,ossia la proprietà di sopportare i sopracitati pesi,accompagnata però da una certa morbidezza di azione,necessaria per contrastare la resistenza e la difesa di prese di un certo rispetto. Per le canne da rockfishing,la cui lunghezza media è compresa fra i 4 e i 4,5 metri,si parla ,come per quelle da surfcasting,ripartizione di sezione:ogni pezzo dell’atrezzo,infatti,possiede una sua potenza e conicità,sia in fase di lancio sia di recupero per sfruttare pienamente la canna. Il mulinello deve essere di dimensioni piuttosto generose,in modo da permettere un miglior scorrimento del filo e un recupero più veloce dei pesci allamati.Un modello a bobina fissa delle ultime generazioni,capace di contenere almeno 250 metri di monofilo dello 0,50-0,60,fornisce ampie garanzie di sicurezza anche nel caso di incontri con grossi predatori. Oltre che per quest’ultimo motivo,la scelta di un nylon di simile spessore è ampiamente giustificata dall’ambiente marino in cui si effettua l’azione di pesca. Agendo in luoghi ricchi di scogliere,emerse così come sommerse,vi è spesso il rischio che la lenza possa venire in contatto con le rocce,per cui, onde evitare sgradite sorprese,è sempre meglio ricorrere all’utilizzo di lenze madri di diametro più consistente.
Uno degli accessori più importanti nella tecnica del rockfishing l’amo,che può essere diversificato a seconda dell’esca impiegata e della preda.Vi sono ami a gambo lungo e a curvatura rotonda,adatti per innescare i vermi e altre esche simili,e modelli dalla facile penetrazione,destinati a pesci dalle mascelle molto dure come orate,saraghi e dentici. Esistono diversi tipi e forme di piombi,con pesi dai 50 ai 100 grammi e profili filanti,meno soggetti all’incaglio.Quando però si pratica una pesca in cui l’esca viva è capace di trascinare anche un piombo di 100 grammi si ricorre ai piombi grappinati usati nel surfcasting,i quali “tengono” una volta giunti sul punto di caduta e possono essere in seguito richiamati aprendo i grappini.Qaundo invece si vuole sostenere le esche a un’altezza ben definita,si ricorre all’uso dei galleggianti. Nella pesca in superficie si impiegano galleggianti fissi, mentre quelli scorrevoli servono a raggiungere maggiori profondità. I
Classico terminale per la pesca a fondo è quello che prevede l’inserimento di due braccioli sopra il piombo.Si compone di uno spezzone di nylon dello 0,45,lungo circa 80 centimetri e con due girelle alle estremità:una per il collegamento alla lenza madre,l’altra per fissare il piombo finale.Posti a una distanza madia,vi sono due snodi per il collegamento ai due braccioli dotati di ami. A seconda della lunghezza dello spezzone di nylon,si avrà la possibilità di far entrare in pesca le esche o vicino al fondale o a distanza anche di un metro dallo stesso: questo sistema ottimo in condizioni di mare molto mosso e con forte corrente,funziona egregiamente per insidiare saraghi e orate.Un altro terminale prevede un galleggiante scorrevole che può essere bloccato alla profondità voluta con un nodo di arresto,realizzato con del filo di cotone o di lana. Generalmente viene utilizzato quando si ha come esca il pesce vivo,per cui si dovrà ricorrere a un galleggiante scorrevole in grado di sopportarne il peso. |
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